Valfloriana è un comune composto da undici frazioni arroccate lungo l’estremità sudovest della Val di Fiemme sulla sinistra orografica dell’Avisio.
In valle si celebra uno dei Carnevali più antichi del Trentino ed uno dei più originali dell’arco alpino. Personaggi ancestrali raffigurati con caratteristiche maschere di legno scolpite dagli artigiani locali, sfilano di paese in paese suonando e cantando nelle piazze con coloratissimi costumi. Divertimento e relax sono garantiti in ogni stagione.
Valfloriana, la valle dei fiori, è compresa tra la Val di Fiemme e la Valle di Cembra.
Il nome deriva da San Floriano, anche se i valligiani preferiscono credere che derivi dai prati fioriti di cui si narra in una antica leggenda: l’amata regina che regnava un tempo sulla valle si ammalò gravemente per l’incantesimo di una perfida strega invidiosa. I sudditi devoti spezzarono il maleficio accettando di essere trasformati in fiori di ogni foggia e colore. Le loro anime rinascono così ad ogni primavera per ricordare l’antico sacrificio.
Valfloriana è formata da piccolissime frazioni sparse qua e là lungo il versante settentrionale. Qui il turismo di massa non esiste, tutto è rimasto quasi intatto e a dimensione d’uomo: il turista può davvero trovare un angolo di quiete difficile da incontrare altrove. Bastano pochi passi sui sentieri per fare bellissime escursioni in una natura splendida con boschi fitti di abete rosso, punteggiati da larici che in autunno si accendono di meravigliosi colori.
LA DESMONTEGADA
la prima settimana di settembre
È un momento di festa per una stagione di lavoro in montagna che finisce.
Nell'ultima domenica di settembre, quando l'estate finisce e inizia l'autunno, comincia il viaggio degli animali verso il fondovalle, per trascorrere l'inverno al caldo nelle stalle. Lunghi cortei di mucche, capre e pecore invadono i pascoli, poi i sentieri e le mulattiere accompagnati dalle grida dei pastori.
Le corna degli animali sono addobbate con fiori e ghirlande, al collo collari di cuoio con grandi fibbie di ottone e grossi campanacci, e così mucche e capre scendono rumorosamente a valle verso i centri di raccolta.
Anche i famigliari dei pastori e dei malgari salgono in quota per l'ultimo giorno, quello della "desmontegada" (smonticatura in dialetto trentino), per dare una mano negli ultimi lavori nelle malghe, che rimarranno chiuse nei lunghi mesi invernali. Poi tutti insieme, uomini e animali, scendono in paese dove sono accolti tra due ali di folla festante.
CARNEVALE TRADIZIONALE DI VALFLORIANA
Chi si trova nelle vicinanze attorno al periodo carnevalesco non dovrebbe tralasciare di visitare la Valfloriana durante il sabato grasso. Il „Carnevale Tradizionale di Valfloriana“ - o anche chiamato il „Carnevale dei Matoci“ - è uno dei pochi carnevali arcaici rimasti nell’Arco Alpino. È infatti sopravvissuto nella sua forma storica invece che adeguarsi al modello di spettacolo ultimamente sempre più comune anche nelle nostre valli.
Il “Carnevale dei Matoci” percorre tutte le piccole frazioni del paese di Valfloriana riproponendo l’antica usanza dei “cortei nuziali” e coinvolgendo la popolazione. Partecipano al Carnevale una serie di figure carnevalesche con costumi multicolori e bellissime maschere in legno di cirmolo dette “Facere”.
Sono da nominare prima di tutto i “Matoci” che aprono il finto corteo nuziale. Ogni Matocio, detto anche Barba, deve superare alcuni ostacoli preparati dalla popolazione delle varie frazioni. Un processo che richiama l’antico sistema di dazi e pedaggi da pagare per passare da un paese all’altro.
Segue un vivace scambio di domande e risposte bizzarre e maliziose fra i “Matoci” e gli spettatori, il cosidetto “Contrest”. Un momento particolarmente divertente è anche il controllo dei “documenti casarecci” con i quali i Matoci cercano di ottenere l’accesso alla frazione.
Una volta che tutti i Matoci sono stati accettati dalla popolazione può seguire il resto del corteo - in primis gli “Arlechini”, che danzano in cerchio al suono delle fisarmoniche. La loro danza è un richiamo della primavera e simbolo della fertilità. Con loro arrivano i “bèi” e le “bèle”, invitati allo sposalizio carnevalesco - coppie a ruoli invertiti, con il maschio vestito da femmina e la femmina vestita da maschio.
Il corteo si chiude con i “Paiaci” abbigliati in modo diverso l’uno dall’altro. Il loro compito è far divertire la gente. Al contrario dei Matoci essi sono muti e propongono pantomime satiriche con episodi dalla vita di paese dell’anno passato.
Il corteo è accolto nelle varie frazioni da rinfreschi organizzati dalle associazioni locali. Il “Carnevale Tradizionale di Valfloriana” non è quindi soltanto un’antica usanza, ma anche un importante momento di aggregazione. L’obiettivo del comitato organizzativo del “Carnevale dei Matoci” è di tenere in vita questa tradizione e di trasmettere il suo patrimonio di cultura popolare alle future generazioni.
LA LOLA: quando una mucca dice: “Grazie”
Dieci anni fa, ero alla ricerca di storie da condividere con i lettori del mensile L'Avisio di Fiemme e Fassa. Una delle più curiose è stata quella, scoperta a Valfloriana, di una mucca che riceveva un'infinità di attenzioni. La pagina, firmata da Emma Deflorian, è visibile tutt'oggi, con tanto di cornice, all'ingresso di casa Lola, l'Agritur Fiordibosco.
Da allora, tanti giornali, locali, nazionali ed esteri si sono interessati alle vicende di questa mucca che veniva curata con Fiori di Bach e pomate omeopatiche. Il destino ha voluto che, quando ho lasciato il mensile l'Avisio per trasferirmi all'ufficio stampa dell'Azienda per il Turismo della Val di Fiemme, sono tornata occuparmi di questa storia d'amore, raccogliendo diversi aneddoti che incuriosivano i giornalisti ospiti in Valle.
Lola ha restituito l'amore ricevuto portando fama all'Agritur dove è cresciuta e a tutta la sua Valle. Incredibile. La sua foto è finita persino sulla prima pagina della rivista "Chi", fra le star.
Quella di Lola sembra una storia d'altri tempi, quando il rapporto uomo-animale era uno scambio sacro. Quando non si strappavano i vitelli appena nati alle loro madri.
Quando il gatto rubava il tacchino cucinato dalla famiglia più ricca per far vivere un Natale felice alla famiglia più povera, ringraziando così per i pochi avanzi di cibo raccolti durante l'anno e per la grande abbondanza di coccole ricevute.
Dopo la sua scomparsa, il 26 giugno 2008, all'età da record di 21 anni, mi sono sentita in dovere di salutarla nell'unico modo che conosco e, quindi, ho scritto una lettera intitolata "Cara Lola". Ho sorriso quando ho saputo che questo bizzarro epitaffio è stato letto su Radio Rai Due pochi giorni dopo. E vi confido che ho pensato: "Questa è la nostra Lola che sta ancora dicendo... grazie".